Decentralizzato, democratico, attento alle esigenze del pubblico, capace di restituire agli utenti il controllo sui propri dati e prodotti. Il Web 3.0 sembrerebbe presentare una rivoluzione rispetto ai modelli centralizzati e protetti (i cosiddetti Walled Gardens) delle maggiori aziende come Google, Amazon e Facebook.
Non è certo una novità. Se ne parlava già nel 2006 ma con l’imporsi della tecnologia blockchain sulla scena internazionale nel 2021, pare che finalmente questa nuova visione di come sarà internet stia delineandosi in maniera definitiva. In particolare, il consenso diffuso sulle transazioni che avvengono tramite la tecnologia blockchain dovrebbe rappresentare la base per la nuova web decentralizzata. Tramite questo nuovo paradigma che si sviluppa sulla rete digitale, la blockchain permetterebbe di creare un’infrastruttura in grado di offrire soluzioni di business indipendenti e basate, per l’appunto, su applicazioni decentralizzate. Questo permetterebbe agli utenti di creare e condividere i propri contenuti in maniera autonoma, senza doversi appoggiare appunto ai grandi gruppi come Meta o Amazon. Sarebbe il caso degli NFT, al momento gestiti tramite piattaforme indipendenti come OpenSea, che trasferirebbe appunto la proprietà del contenuto a chi lo ha realizzato e consumato. Inoltre, questo sistema diffuso aumenterebbe anche la democrazia sul web, in quanto la censura e la moderazione dei contenuti avverrebbe per votazione dell’intera comunità, e non per la decisione arbitraria di un Zuckenberg di turno. Coloro che sostengono questo modello sperano in una democratizzazione del web, dove le informazioni siano gestibili dai loro creatori e a completa disposizione degli utenti, protette dalla tecnologia blockchain.
Le DAO diventerebbero le nuove protagoniste del web, garantendo la migliore gestione dei contenuti a tutti i livelli.

Ma cos’è una DAO?
La sigla DAO sta per Decentralised Autonomous Organisation, e si riferisce al nuovo modo di gestire le organizzazioni sul web, basata sull’uso di Smart Contracts e Blockchain.
Sono organizzazioni native di Internet di proprietà collettiva e gestite dai loro membri. Hanno treasuries incorporate, accessibili solo con l’approvazione di tutti i loro membri.
Secondo i numerosi alfieri di questo paradigma, l’introduzione delle moderne tecnologie garantirebbe alle nuove comunità trasparenza, immutabilità, autonomia e sicurezza. Al contrario delle forme di associazione tradizionali, la DAO manca totalmente di un gerarchia in senso stretto. Invece, le DAO utilizzano meccanismi di natura economica per allineare gli interessi dell’organizzazione con gli interessi dei suoi membri.
Lo Smart Contract, essendo un algoritmo computazionale slegato da regolamenti particolari grazie allo sviluppo decentralizzato della Blockchain, dovrebbe garantire l’essere super partes della stessa, al contempo rendendo superfluo il ricorso ad una entità amministrativa terza. Infatti, una DAO implementata in modo corretto sarà anche in grado di eseguire azioni in maniera autonoma, e in parte di autoprogrammarsi. Le regole deterministiche stabilite dal codice software, a cui tutti devono sottostare, garantiscono che chiunque abbia un token di partecipazione possa partecipare ai processi decisionali; i token vengono conferiti in cambio di un contributo alla DAO, in genere espresso in criptovalute o potenza computazionale, ed in proporzione a quanti token uno possiede, egli può fare sentire il proprio peso nel processo decisionale, un po’ come in una società per azioni. Ci sono dei meccanismi però, che garantiscono che nessuno possa detenere un potere tale da controllare l’intera DAO.
Le regole sono registrate in maniera trasparente ed i dati sono riportati sulla blockchain in modo da non essere modificabili, in modo tale da ridurre al minimo l’asimmetria informativa. Le regole sono decise dalle parti interessate e sono in genere sottoposte in forma di proposta dai partecipanti e vengono implementate qualora rispettino i requisiti imposti dall’accordo che ha dato origine alla DAO stessa.
La differenza sostanziale tra le Decentralized Autonomous Organization (DAO) e le società tradizionali è che il compimento di atti giuridicamente rilevanti avviene senza la necessaria presenza di uno o più soggetti che rappresentino la volontà di compiere quel dato atto. In Italia, ad esempio, potrebbero venire equiparate alle società di fatto, dove gli attori mettono insieme le risorse per ottenere un certo obiettivo, e possono chiedere la liquidazione della propria quota in caso di bisogno. La governance verrà rivoluzionata slegando questi attori dalla dicotomia tra socio ed amministratore, dalla mancanza di un qualsiasi contratto formale che leghi i partecipanti. Essi saranno associati solo dal desiderio di perseguire un obiettivo prestabilito.

Velleità e criticità: cosa dicono del web 3.
Al momento, nonostante l’hype di cui sta godendo il Web 3, nessuno ne sa definire i contorni precisi. La maggior parte dei processi è ancora in fase embrionale, e ciò lascia, nel bene o nel male, spazio alla sperimentazione. Le DAO di cui abbiamo appena parlato dovrebbero essere la base per la creazione di un web diverso da come lo abbiamo inteso finora, non statico come il WEB 1, né filtrato dalle grandi compagnie come il WEB 2; è importante notare come il comparto finanziario, il cosiddetto DeFi (Decentralised Finance) sia quello al momento più funzionale, e sia quello che apporta valore al WEB 3. Il valore degli accordi venture capital nella cripto-sfera ha raggiunto 25 miliardi di dollari l’anno scorso, da meno di 5 miliardi di dollari nel 2020, a dimostrazione della vitalità e dell’interesse ad investire in questo nuovo settore. Il consolidarsi dell’apparato finanziario fa sperare che l’hype non si risolva in una bolla speculativa, come invece si teme ancora per il mercato degli NFT.
In molti stanno proponendo servizi alternativi a quelli a cui il WEB 2 ci ha abituati, basati anche su applicazioni dell’intelligenza artificiale, capace di trovare, filtrare ed esporre dati secondo i bisogni dell’utente finale. Il Web semantico dovrebbe essere in grado alla fine di simulare i comportamenti di ricerca umani, e rielaborare i dati in modo che la IA possa comprendere le informazioni per poi distribuirle nel modo più consono. Tutto questo dovrebbe garantire anche la gestione personale dei propri dati, esautorando il controllo delle grandi compagnie e evitando la possibilità d’incorrere in un lock-in
Riportare i dati nelle mani degli utenti ed introdurre una versione di internet più aperta, decentralizzata e intercomunicabile è il sogno dei tecno utopisti di oggi, che sentono che il web attuale ha tradito le aspettative del progetto originale degli anni ‘90. In quest’ottica, anche le criptovalute, con i loro processi senza intermediari, diventerebbero un sistema per affrancarsi dal dominio dei grossi gruppi finanziari. Non si ha comunque la certezza che questo funzioni, in fondo, lo sviluppo di internet è stato una costante lotta tra tendenze decentralizzanti e centralizzanti.
Secondo quanto detto anche da personaggi di un certo spessore, come Doherty e Marlinspike, il processo di decentralizzazione si scontrerebbe con le stesse logiche del mercato capitalista, con il rischio che non solo diventino insostenibili economicamente, ma che anche cadano sotto il controllo di pochi individui, cosicché non ci sarebbe una vera liberazione del Web, ma solamente lo spostamento del potere decisionale tra differenti oligarchie. Non essendoci ancora un modello di business legato all’economia reale, si teme che il sistema si presti ad operazioni arbitrarie e scollegate dal controllo che si vorrebbe dare agli utenti. C’è poi da considerare se ci sia veramente una richiesta di servizi decentralizzati che possano rendere disponibile al vasto pubblico i vantaggi del WEB 3. Alcuni esempi di app WEB 3 come Mastodon non sono mai veramente decollate, sparendo nei meandri dell’internet in poco tempo. Al contrario, operazioni di centralizzazione, loc in e gestione del prodotto sono estremamente redditizie, mentre la gestione delle DAO potrebbe risultare difficile e troppo soggetta agli umori di pochi volontari, che oltretutto potrebbero controllare facilmente il flusso d’informazioni per via dell’asimmetria informativa (infatti, pochi hanno il tempo, la formazione e la voglia di inoltrarsi tra i meandri di una nuova tecnologia). Così, la decentralizzazione democratica tanto osannata da molti rischia di rimanere una pura utopia, con lo spostamento del potere nelle mani dei nuovi intermediari o dei pochi attori in grado di fare mining a livello professionale, tanto che per molti c’è il rischio concreto che possano prendere poco alla volta il controllo di quelle stesse blockchain che avevano aiutato a creare, esautorando gli attori minori.
In altri sistemi la proprietà dei token è fortemente sbilanciata: nei progetti Web 3 lanciati di recente, il 30%-40% è di proprietà delle persone che li hanno lanciati.
In più, la storia di internet ha dimostrato come i protocolli decentralizzati si muovano ed evolvano più lentamente rispetto a quelli centralizzati. «Se qualcosa è veramente decentralizzato, diventa molto difficile da cambiare, e spesso rimane bloccato nel tempo», ha scritto Marlinspike. «Una ricetta sicura per il successo è stata quella di prendere un protocollo del 1990 che era bloccato nel tempo, centralizzarlo e iterare rapidamente». Secondo questo schema, la decentralizzazione del WEB 3 potrebbe portare più danni che vantaggi.
La cosa più probabile secondo molti, è che il WEB 3 in verità non sostituirà il WEB 2, ma che lo affianchi e ne completi le funzionalità che ancora non sono incluse, e resti “puro” solo in alcuni campi ristretti della finanza e della comunicazione.

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