Il lavoro svolto a Rawfish è molto rigoroso, ma non prescinde dal lato creativo. Alberto Simonato s’occupa d’amalgamare questi due aspetti nel risultato finale.
Alberto, spiegaci meglio il tuo ruolo!
Ricopro il ruolo di Art Director, quindi mi occupo di seguire i progetti e i loro outputs soprattutto, per essere sicuro che siano sempre Rawfish al 100%. Il mio scopo e alzare sempre di più gli standards qualitativi sia nel design del progetto e soprattutto nell’esperienza d’uso che restituisce.
Raccontaci un po’ che percorso ti ha portato qui a Rawfish.
È una storia lunga, che parte ancora dai tempi in cui frequentavo l’istituto tecnico artistico Boscardin a Vicenza. Lì ho compreso subito che avrei intrapreso una strada che mi avrebbe portato a svolgere un lavoro creativo. Quindi ho seguito una triennale a Ferrara in Comunicazione Multimediale dove ho cominciato a prendere dimestichezza con molti programmi che adesso uso spesso (Photoshop, Illustrator etc) e dove ho iniziato ad approcciare il codice, che mi è servito per conoscere i fondamenti di html, css e base dati.
Finiti gli studi, ho avuto la fortuna di trovare subito uno stage in una agenzia di comunicazione qua a Vicenza. Ci sono rimasto dieci anni, passando da stagista a direttore artistico. Ho vissuto lì la prima fase di digitalizzazione dell’agenzia, iniziando a progettare siti internet sia lato UI UX sia front-end.
In agenzia, conosco Massimo Giordan, collaboratore esterno per lo sviluppo di app mobile. Mi contatterà lui a metà 2015 proponendomi di entrare in Rawfish come designer. Decido di fare il salto e unirmi alla squadra.
Passato interessante, e invece adesso di cosa ti occupi nello specifico?
Ora come ora, a parte gestire la comunicazione di Rawfish interna ed esterna, mi sto occupando in particolare del restyling del sito di un’importante quotidiano, e della creazione di concept per due gare. Siamo in lizza con due importanti aziende italiane che rappresenterebbero una grande sfida e anche uno stimolo notevole per mettersi alla prova ancora una volta.
Questi due progetti hanno impegnato tutto il team di design, ma essendo slegate da un documento di specifiche, abbiamo una certa libertà nella sua gestione. Data la complessità del progetto, hanno comunque tenuto impegnato il team per un bel pezzo, senza che mai venisse meno l’entusiasmo.
Concludiamo come al solito con la frase che ti definisce.
“Ehi tu, elegantone!”. È una frase dal film “Lo chiamavano Trinità” con Bud Spencer e Terence Hill. Mi ha sempre fatto ridere quella scena. Forse per il contrasto tra il tono di voce serio del cowboy, l’aria ingenua di Terence Hill e l’espressione di Bud Spencer alla vista del fratello. Solo quella vale la visione del film secondo me.